22 giu 2017

Fuga Capitale: perché le imprese stanno lasciando Roma - La Stampa

Fuga Capitale: perché le imprese stanno lasciando Roma - La Stampa: "Una città senza guida e senza un progetto. Roma, al contrario di Milano, a un anno dall’insediamento della giunta 5Stelle di Virginia Raggi, è una città senza una missione. Che non sa fare squadra e con una immagine, anche internazionale, in caduta libera. Sino al punto da mettere in fuga molte imprese, perdendo posti di lavoro e centri decisionali. Dopo Sky, che nelle scorse settimane ha annunciato che trasferirà a Milano il grosso della sua redazione e delle strutture tecniche (col corredo di 120 esuberi), e il Tg5 di Mediaset che a ruota sposterà a Cologno 50 giornalisti e 90 tecnici, l’emorragia si è tutt’altro che arrestata. Secondo la Cgil sono circa 11 mila i posti in bilico nella capitale «con la crisi Alitalia, che rischia di impattare su 3-5 mila occupati e le ristrutturazioni del settore chimico-farmaceutico, dove si perdono 200 posti alla volta, che destano le maggiori preoccupazioni» spiega il segretario generale della Cgil Roma e Lazio, Michele Azzola.


GRAVE CRISI DI SISTEMA
Dopo l’addio alla Città eterna da parte dei due tg privati entro luglio anche «Consodata » (ex Pagine Gialle, ora Italia on line), che opera nel direct marketing, getterà la spugna «bruciando» un’ottantina di posti. Ma in queste ultime settimane a suscitare allarme nei sindacati sono soprattutto la farmaceutica, che in questa area del Paese rappresenta uno dei settori industriali più importanti, e il comparto petrolifero. «Roma purtroppo sta perdendo la propria vitalità e la propria capacità attrattiva. È una crisi di sistema molto grave», ha sancito nelle scorse settimane il presidente della Regione Nicola Zingaretti. «Ci sono fatti specifici che riguardano accorpamenti, riorganizzazioni, interventi per la riduzione dei costi che non riguardano la perdita di appeal della capitale - spiega il presidente di Unindustria, Filippo Tortoriello -. Dopodiché è innegabile, anche dal punto di vista psicologico, che essere perennemente in emergenza per colpa dei rifiuti o nel campo della mobilità non aiuta». Così come non aiuta «la situazione disastrata delle infrastrutture, che scoraggia i tanti manager delle multinazionali a trasferirsi qui nonostante riconoscano alla capitale un gran fascino. Per non dire poi delle nostre croniche lentezze nel campo della giustizia e della burocrazia».

TROPPO POCHI INVESTIMENTI
«C’è un depauperamento di molte attività - denuncia Ilvo Sorrentino, segretario generale della Filctem Cgil di Roma e Lazio -. Nel territorio romano magari restano ancora le sedi legali ma il rischio di deindustrializzazione soprattutto nel campo farmaceutico è concreto, a causa dei pochi investimenti in ricerca e sviluppo che mettono a rischio un settore importante, che esporta sempre tanto, ma ormai maturo». Il bollettino delle partenze si allunga di settimana in settimana: Baxalta lo scorso marzo ha chiuso il suo quartier generale dell’Eur e trasferito 40 persone a Milano; Italchimici, dopo essere stata acquisita da Recordati, ha lasciato la sede legale a Pomezia ma ha trasferito (sempre a Milano) 60 dipendenti e lo stesso ha fatto Mylan, multinazionale americana dei generici, che nella capitale ha lasciato appena 40 persone su 110. E ora, dopo il passaggio ad Alfa Wassermann, si teme per il futuro dell’ex Sigma Tau che già in passato ha lasciato a casa 500 persone e trasferito fuori regione le sue attività di ricerca.

Nel campo dei petroli sia Esso che TotalErg hanno da tempo deciso di dismettere la propria rete di distributori. La filiale italiana di Exxon Mobil per questo ha già trasferito a Genova 50 dei 200 dipendenti della sede romana, mentre la joint venture franco-italiana comunicherà la prossima settimana il nome del nuovo acquirente e il destino dei 300 dipendenti collocati qui. Ma Sorrentino è preoccupato anche per i 1800 dipendenti della sede Eni all’Eur. Dal gruppo del «Cane a sei zampe» arriva però l’ennesima smentita «tassativa» su un possibile trasloco anche parziale verso San Donato Milanese.

La rinuncia alle Olimpiadi, seguita a ruota dallo stravolgimento del progetto-stadio (compresa la cancellazione delle tre torri disegnate da Libeskind), nell’opinione pubblica nazionale e internazionale è stato il segnale che la Capitale non riesce a individuare un obiettivo condiviso su cui scommettere. «Paghiamo le forti tensioni esistenti tra 5Stelle e Pd - sostiene Azzola - che si traducono in una totale assenza di continuità amministrativa, che nelle imprese determina grande incertezza, per cui sono sempre più indotte ad andare altrove. A Milano e in Lombardia litigano pure lì, ma nessuno si è mai sognato di mettere in discussione progetti già avviati».

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